Secondo i report pubblicati da Amnesty International, più di 100.000 lavoratori del settore pubblico sono stati licenziati dai decreti KHK dentro allo stato d’emergenza dichiarato in Turchia dopo il tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016. I lincenziamenti sono arbitrari e hanno un impatto catastrofico sulle vite di queste persone.
Amnesty ha preparato un report dal titolo “Se i licenziamenti dei lavoratori del settore pubblico non avrà fine, il futuro della Turchia è compromesso”. Qui emerge come, durante lo stato d’emergenza, il governo abbia il potere di emanare decreti esecutivi con forza di legge, soggetti solo a un breve scrutinio da parte del Parlamento o della corte, e come tali decreti offrano una generale giustificazione per cui tutte le persone nella lista appaiano in quanto “… parte di o in relazione, in comunicazione con un’organizzazione terroristica”. Molti amministratori pubblici non hanno presentato nessuna personale difesa contro il licenziamento né i licenziati sono stati in grado di ottenerne una durante i lunghi mesi dal loro licenziamento.
“Molti non hanno potuto trovare un lavoro”
Nel report, leggiamo che “Non c’è dubbio sull’effetto devastante dei licenziamenti per chi li ha subiti e per le famiglie. Gli impiegati nel settore pubblico non hanno solamente perso il loro lavoro; sono stati espulsi dal servizio pubblico e, prendendo il significato più generale di settore pubblico, ciò significa che molti sono ora impossibilitati a portare avanti l loro professione. A causa dello stigma di “terroristi”, molti non hanno potuto più trovare un lavoro. Altri, soli con le loro famiglie, hanno perso la casa e i servizi sanitari che ottenevano con il loro lavoro. Impossibilitati a rimanere in Turchia, a molti di questi impiegati è stato inoltre impedito di trovare lavoro all’estero in quanto il decreto presuppone l’annullamento del passaporto”.
‘Nessun tribunale in Turchia ha accettato di rivedere i licenziamenti’
Il report inoltre sottolinea che “Il futuro fortemente incerto dei licenziati del settore pubblico è accresciuto dall’assenza di qualsiasi mezzo per poter rivedere il loro licenziamento. Al momento, nessuna corte in Turchia ha preso in considerazione di rivedere i licenziamenti. Una commissione ad hoc deve valutare i licenziamenti e la chiusura delle istituzioni durante lo stato d’emergenza, ma i suoi sette funzionari non avranno l’indipendenza né la capacità necessaria per rendere la cosa effettiva. Per poter smaltire il carico di lavoro, i membri dovrebbero prendere una centinaio di decisioni al giorno durante il loro supposto mandato di due anni. La Corte Europea per i Diritti Umani ha finora respinto i casi sollevati dagli individui licenziati per il fatto che non hanno esaurito l’insieme delle possibilità domestiche contro il loro licenziamento “.
Nel report, è dichiarato che più di 100,000 dipendenti pubblici sono stati licenziati dai loro lavori e, tra questi, più di 33,000 sono maestri e altri impiegati del Ministero dell’Educazione, più di 24,000 sono ufficiali di polizia e altri impiegati del Ministero degli Interni, più di 8,000 sono membri delle forze armate, più di 6,000 dottori e altri impiegati del Ministero della Salute, più di 5,000 sono accademici e altri impiegati della scuola superiore, più di 4,000 sono giudici, pubblici ministeri e altri impiegati del Ministero della Giustizia e più di 3,000 sono impiegati dell’ufficio del Primo Ministro e istituzioni connesse. Inoltre molte persone hanno perso improvvisamente il loro lavoro con la chiusura, attraverso decreto d’emergenza, dell’istituzione di cui facevano parte, tra cui università, ospedali, scuole.
Il report è basato su 61 interviste. Alcune delle quali, seguono qua:
Un lavoratore dell’agenzia regionale per lo sviluppo: “Molte persone vengono da me e mi dicono che come me sono state licenziate, ma hanno paura di protestare. Hanno paura della reazione della famiglie, di peggiorare la loro situazione, finendo in carcere o perdendo la possibilità di riavere il lavoro.”
Dei rappresentanti della confederazione dell’unione sindacale KESK dichiararono ad Amnesty International che i membri dei sindacati e, più in generale, i suoi attivisti e funzionari, sono stati sproporzionatamente colpiti dai licenziamenti. Hanno detto che dalla fine del 2016 2,094 membri sono stati licenziati e che la maggior parte erano attivisti sindacali o funzionari.
Un insegnante: “Non ho mai ricevuto alcuna sanzione disciplinare durante i miei nove anni di laboro ma ho partecipato allo sciopero del 29 dicembre 2015 per protestare contro lo stato di polizia a Sud della Turchia, e per questo sono stata arrestata durante lo sciopero. Credo che questa sia la ragione del mio licenziamento come quello di molti altri miei colleghi.”
Un soldato licenziato formalmente di stanza a Hakkari: “Io ero un soldato che doveva combattere il terrorismo, andare a fare operazioni sulle montagne, senza dormire in un vero letto, senza mangiare buon cibo, bere acqua pulita. Ho visto amici morire. Stavo facendo un lavoro che nessuno vorrebbe fare ma ero guardato come un eroe dalla società. Ora sono visto come un terrorista e un traditore. Un soldato amico mio è rimasto ferito quando siamo stati attaccati. È stato fermo dal lavoro per sette mesi, era quasi morto. Ed è stato licenziato un mese dopo esser tornato al lavoro.”